Il vino in borsa....!!!!

Ebbene la finanza italiana scopre anche il vino come possibile strumento finanziario, infatti non sembrerà strano vederlo abbinato a contratti "futures". La prima operazione di questo tipo risale al 1996 dove una nota azienda agricola emetteva contrarti futures su bottiglie di Brunello di Montalcino. Il certificato conferiva all'acquirente il diritto di ritirare 6 bottiglie contro pagamento anticipato  al momento della commercializzazione, ossia allo scadere dei 4 anni minimi previsti per legge per l'affinamento del vino in botti. Il prezzo del certificato era calcolato sul valore che, presumibilmente, il vino avrebbe avuto nell'anno di commercializzazione. Dal punto di vista giuridico il certificato non e' un titolo di credito, ma riveste la forma di contratto di vendita che permette la cessione a terzi del diritto senza un previo consenso del venditore ed al prezzo che il mercato, di volta in volta, determina secondo le classiche leggi della domanda e dell' offerta. Non è assurdo immaginare che qualora i volumi di transazione di tali certificati dovessero aumentare, potrebbero nascere dei mercati ufficiali, una sorta di borsa del vino con quotazioni ufficiali. 
Tale tipo di vendita "en primeur" viene gia praticata da più di cent'anni dai nostri cugini d'oltralpe soprattutto per i vini pregiati, ma ultimamente alcuni grandi gruppi bancari italiani, sull'esempio francese, hanno articolato delle vere e proprie operazioni finanziarie strutturate.

 Mediobanca ha emesso nel 1997 un prestito obbligazionario a favore di una nota cantina italiana per un valore nominale di 15 miliardi di lire suddiviso in 15 mila titoli da un milione l'uno, con lotti minimi di 3 milioni il cui interesse fisso e' 2%, il rimborso avverrà per un terzo nel settembre 2000, un terzo nel settembre 2001, ed un terzo nel 2002. In occasione di ciascun rimborso parziale del prestito obbligazionario, il risparmiatore potrà tramite i warrant associati ai titoli, esercitare il diritto di acquisto di una cassa da sei bottiglie di Brunello di Montalcino, delle vendemmie a cui corrisponde l'obbligazione sottoscritta. Il prezzo d'acquisto sarà lo stesso praticato all'enoteca con un risparmio del 40/50% su quello al dettaglio. Non si tratta di futures, ma di acquisti ad un prezzo corrente di un vino che verrà distribuito solo nel 2001, con un forte risparmio sul prezzo normalmente praticato dopo il regolare invecchiamento. In vista del crescente interesse e' stata promossa da Milano Finanza, Banca Nazionale dell'Agricoltura, il gruppo Banca di Roma con la collaborazione di alcuni produttori e commercianti di vino, la nascita dell'istituto per i futures del vino (IFV), con il compito di definire una normativa circa l'autoregolamentazione di tutto il sistema. 


I "futures" - contratti che prevedono la vendita o l'acquisto di qualcosa in data futura a un prezzo già concordato - erano già utilizzati in Olanda e in Giappone nel XVII secolo, e contratti anticipati in valute estere esistevano già nel XIX secolo. Tuttavia, fino a non molto tempo fa, il commercio di "futures" era associato alle transazioni di merci, prodotti agricoli o minerali, soggetti ad imprevedibili variazioni di prezzo, mentre i contratti relativi a valute estere o azioni erano poco diffusi.
Diamo una occhiata alla storia: come gia accennato, in Olanda, nel XVII secolo  accadeva qualcosa del genere. Il tulipano era arrivato dall' Impero ottomano in occidente dapprima in Francia, dove però gli era stata preferita la rosa, e poi in Olanda, dove questo fiore riuscì benissimo ad ambientarsi con il clima rigido e la terra sabbiosa, divenendo in breve il re dei fiori. Il famoso botanico Clusius lo studiò per tutta la vita, realizzando incroci azzardati, pur di ottenere specie sempre più belle.
Si cominciò dunque a "far mercato" su questi fiori, dapprima battendosi all' asta per ottenere i bulbi più belli dai fiorai che li coltivavano. Poi la cosa, visto l' enorme interesse che oramai suscitava nella gente, cominciò ad organizzarsi in modo spontaneo, ed in molte taverne si crearono i cosiddetti "circoli dei tulipani", vere e proprie sedute di borsa alla presenza di intermediari autorizzati, dove compratori e venditori si incontravano e concludevano affari grandi e piccoli.Per dare un ' idea della mania che imperversò tra il 1634 ed il 1637 basterà pensare che il contratto relativo ad un bulbo di tulipano nel 1937 poteva passare di mano anche dieci volte in un giorno, raddoppiando o triplicando il valore ogni volta.
Oramai il mercato dei tulipani, nel 1936, era regolato come un moderno mercato dei "futures".Un contratto, alla firma, prevedeva che il compratore sborsasse il 10% del valore, mentre il resto sarebbe stato pagato al dissotterramento dei bulbi acquistati, mesi dopo.
Tempo, quindi, per il compratore di rivendere il contratto, per il venditore di procurarsi un bulbo venduto che spesso non esisteva ancora.
Come un ondata in piena il passaparola di tutte le persone coinvolte in questo grande business generava ogni giorno nuovi investitori. 

Oggigiorno sono molto più conosciuti strumenti finanziari di questo tipo su cambi ed azioni che generalmente sono utilizzati a scopo speculativo, tuttavia alcune aziende che acquistano o vendono ingenti quantità di materie prime o prodotti dell'agricoltura utilizzano questi contratti per coprirsi dal rischio di variazione del prezzo. Il seguente esempio di "copertura sul prezzo" servirà a chiarire quanto anticipato.
Un esportatore di caffè vende una partita a sei mesi. Il prezzo del caffè è oggi di 100 dollari per 100 libbre (poco meno di mezzo quintale), ma lui verrà pagato al prezzo corrente fra sei mesi. Se esso sarà di 90 dollari per 100 libbre, l'esportatore venderà ad un prezzo inferiore a quello sulla base del quale aveva prodotto, e dunque avrà una perdita, che non è direttamente derivata dall'attività produttiva o commerciale.
Operazione di copertura: stipula di due contratti future sul caffè. L'esportatore acquista una partita uguale di caffè a sei mesi, che pagherà al prezzo che ci sarà fra sei mesi, e vende una partita uguale di caffè a sei mesi, al prezzo attuale (100 dollari per 100 libbre). Fra sei mesi incasserà i proventi della vendita, al prezzo di 90 dollari, ed eseguirà i contratti future, acquistando una uguale partita a 90 dollari e vendendola a 100 dollari. Il saldo finale è che avrà venduto il suo caffè a 100 dollari, come previsto.
L'importatore farà le operazioni opposte. Con queste operazioni non si hanno perdite impreviste, ma non si hanno neanche guadagni inattesi in caso di eventuale aumento del prezzo. Viceversa le operazioni sui futures di tipo speculativo, che oggi sono la stragrande maggioranza, puntano proprio ai "guadagni inattesi".
Fare un'operazione di copertura, tuttavia, non è alla portata di tutti. Il problema è che, anche se un contratto future prevede il pagamento alla scadenza, prevede anche un "deposito di garanzia" iniziale. Questo comporta che vi siano correzioni in piu' o in meno al deposito sulla base dell'andamento del mercato (valute o caffè) durante i tre o i sei mesi. In sostanza, per fare queste operazioni occorrono risorse finanziarie che i produttori diretti di materie prime in genere non hanno.
Ma ritornando al nostro amato vino, qualora un future sul vino possa essere un vero e proprio investimento, solo il tempo potrà dire se saranno soldi ben spesi, infatti il suo valore e' legato direttamente all'aroma ed al gusto che sarà stato in grado di maturare durante il suo invecchiamento.

R.C.